12.1.09

la Repubblica - Torino, lunedì 12 gennaio 2009

Il sociologo Gallino e la sfida dell´associazione NewTo su una nuova generazione di idee

"Il ricambio della classe dirigente non parta guardando all´anagrafe"
Ci sono resistenze a far emergere forze fresche ma non sempre dipende dalla volontà dei singoli

Nella scelta della futura classe dirigente torinese bisogna partire dai problemi e non dall´anagrafe. È questa la ricetta del sociologo Luciano Gallino: «Non dobbiamo dimenticare - aggiunge il professore - che in questi anni la città ha fatto molti passi avanti».
Professor Gallino, c´è un problema di ricambio della classe dirigente di Torino? «Sinceramente non partirei da questo problema se dovessi immaginare il futuro della città».
Una questione secondaria? «Non dico questo, anzi. Ci sono certamente delle resistenze a far emergere forze e concezioni nuove. Non sempre questo dipende solo dalla volontà dei singoli: all´università, ad esempio, nei prossimi anni andrà in pensione il 40 per cento del corpo docente ma non si fanno i concorsi per promuovere i giovani. Però quel che voglio dire è che la classe dirigente si seleziona in base alla sua capacità di risolvere i problemi concreti di un´area, non della sua età. Chi dimostra di saper proporre soluzioni interessanti emerge. È una promozione che, a mio parere, si conquista sul campo».
Qual è dunque il campo su cui si decide la composizione della futura classe dirigente di Torino? «Intanto partirei dalla constatazione di ciò che è stato fatto negli ultimi decenni dall´attuale classe dirigente. E non mi pare che si tratti di risultati di poco conto».
A quali risultati si riferisce? «Vorrei ricordare che in un tempo relativamente breve una fabbrica come la Fiat Mirafiori è passata da 65.000 a 14.000 dipendenti. Si sono bruciati cioè 50 mila posti di lavoro diretti e almeno il doppio nell´indotto. Sono spariti 150 mila posti e non siamo precipitati nel dramma sociale. Questo per merito di una gestione del territorio che ha saputo far crescere settori innovativi, come l´Ict, il settore delle nuove comunicazioni oggi in grado di occupare un numero di addetti pari se non superiore a quello dell´industria dell´auto».
Questo, a suo parere, è un merito dell´attuale classe dirigente? «Certamente. Così come è un fatto positivo quello di aver saputo utilizzare questa indubbia trasformazione sociale per migliorare il volto urbanistico della città».
Oggi dunque qual è la nuova sfida? «Credo che sia quella in parte persa negli ultimi anni. La possibilità di creare due distretti industriali, quello dell´auto e quello dell´Ict, in grado di funzionare come un´unica azienda diffusa sul territorio e competitiva rispetto alle altre aree analoghe sparse per il mondo»
Perché parla di scommessa persa? «Perché l´idea, a mio parere giusta, di un distretto dell´automotive è naufragata».
In questo non servirebbe una mentalità nuova? «Forse sì. Con la vecchia logica di chi è geloso dei suoi conti e dei suoi progetti non si va da nessuna parte. In questo, come nella creazione di un distretto dell´Ict in grado di competere con l´India, l´affermarsi di una classe dirigente giovane può servire. Ma è sulla capacità di proporre soluzioni e non sull´età che si decide chi governa un territorio».
(p. g.)

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