18.10.08

NEWTO su REPUBBLICA / 18 OTTOBRE 2008

Qui di seguito l'articolo di Salvatore Tropea

MA LA CLASSE DIRIGENTE NON È UN CLUB


Il problema realmente esiste e non è nuovo. Ce ne siamo occupati più volte su queste pagine e dunque non ci sorprende di vederlo periodicamente riproposto anche se di volta in volta chi si assume l´iniziativa provvede a introdurre qualche elemento di novità col proposito di rendere inedita una cosa che inedita lo è per niente. Mercoledì sera sotto le volte dei capannoni delle ex officine ferroviarie si è parlato di una classe dirigente per il futuro di Torino da affidare possibilmente ai trentenni. Come dire che per il presente si è già attrezzati senz´altra urgenza che quella di disegnare l´identikit di un giovanotto al quale affidare il nostro destino inteso come futuro della città nella quale dovremo vivere noi e i nostri figli. Se fossimo degli snob come l´intendeva Paul Valéry non oseremmo confessare, pur pensandolo, che questo è un argomento noioso.

Si potrebbe anche far finta di niente, dopotutto dibattito più dibattito meno, discutere non ha mai fatto male a nessuno. Ma ci sono almeno due aspetti del tema in questione che contribuiscono a renderlo poco interessante per non dire appunto noioso e, soprattutto, poco credibile. Il primo, riguarda il momento scelto per parlarne, il secondo, attiene alla reale possibilità di successo: l´uno e l´altro superabili se non ci fossero numerose esperienze del passato a ricordarci che a invocare una classe dirigente giovane e preparata si è provato e riprovato senza alcun risultato se è vero che ancora oggi siamo costretti a ricominciare da zero.
Con l´aria che tira, parlare di classe dirigente sembra quasi un lusso. Il vento di recessione dovrebbe consigliare di rialzarsi prima di pensare a volare, ma poiché è sperabile che la turbolenza debba finire può essere utile prepararsi al dopo. Intanto cercando di farsi subito un´idea dello scenario che sopravviverà perché con quanto sta succedendo è il caso di dire che niente sarà più come prima. La continuità non sembra essere scontata e proprio per questo la classe dirigente dovrà essere in grado di misurarsi con difficoltà sinora mai sperimentate. E per farlo l´attributo della giovane età è sicuramente importante, ma non il solo come si tende a credere. Non si è parte di una classe dirigente moderna ed efficiente per il solo fatto di avere trent´anni.
La regola sovrana è quella del merito che non coincide sempre con un fatto anagrafico. Si può essere più giovani o più anziani ed avere le qualità richieste o non averle mai. Essere classe dirigente non significa rientrare in una fascia di età come i giovani che una volta venivano chiamati al servizio di leva. Ed è bene anche tenere sempre presente che la giovinezza è merce altamente deperibile e non la si può usare per emendarsi di colpe passate quando la si trascurava - stai zitto tu che non hai ancora l´età - o per compiacere le giovani generazioni alle quali si nega un posto di lavoro ma si prospetta un futuro di dirigenti. Non si farebbe altro che perpetuare un inganno del passato.
E´ infatti probabile che il bisogno di gettare le basi per una nuova classe dirigente a Torino discenda da un passato nel quale tutti i tentativi fatti in questa direzione si sono infranti contro un potere industriale e limitatamente finanziario, saldamente controllato da un gruppo imprenditoriale dominante e contro una classe politica che allora come ora era refrattaria al rinnovamento generazionale. I nomi che si sono avvicendati ai posti di comando negli ultimi trent´anni fotografano questa situazione pietrificata e fanno sorgere qualche dubbio sulla reale volontà di voltare pagina. Con ciò alimentando il sospetto che, al di là delle parole e delle intenzioni, la pratica della inamovibilità continui ad essere un serio ostacolo.
Chi volesse poi avere conferma su questa continuità dovrebbe soltanto rileggere le cronache dei giornali che hanno resocontato di come sono stati scelti gli uomini da destinare anche in tempi recenti alle presidenze e ai consigli delle fondazioni bancarie e di enti pubblici e privati. Oppure seguire le guerre intestine che nei partiti vecchi e nuovi si combattono giorno dopo giorno per le candidature al parlamento europeo e italiano e alle assemblee locali. Avrebbe di che restare deluso nel constatare come la meritocrazia oltre che la giovane età continuino ad essere considerati accessori non indispensabili. Altro che nuova classe dirigente.
Ma tant´è, se ne parla anche solo per appurare che alla fine non c´è niente di nuovo sotto il sole. E del resto Sergio Chiamparino, che l´anagrafe condannerebbe a restare fuori dal futuro giovanilistico pur avendo dato prova di essere un ottimo sindaco, avverte il pericolo e ammonisce contro l´illusione di pensare che sia possibile «creare una situazione asettica con una selezione scientifica della classe dirigente senza che entri in gioco la soggettività di ciascuno». Senza cioè mettere in conto che una parentela, un´amicizia, una conoscenza possono anche influenzare una scelta. Che non è il male peggiore a meno che non ci si illuda che al club della nuova classe dirigente si acceda perché trentenni o che chi detiene il potere sia pronto a cederlo ai giovani della «New To». Un prodigio che può materializzarsi soltanto in una sera d´autunno sotto i capannoni delle ex Ogr.

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