Il tempo lungo del Ricambio
di Nadia Urbinati
di Nadia Urbinati
La vittoria di Barack Obama ha riaperto le ferite della sinistra italiana dimostrando una volta di più come sia misera la sua condizione: è più facile per un nero essere eletto alla Casa Bianca che per un partito riformista vincere le elezioni in Italia. Che cosa c' è che non va e perché l' Italia è così refrattaria al cambiamento in meglio e così irrimediabilmente conservatrice e facile al cambiamento in peggio? Che cosa ha portato Obama a vincere che può costituire un insegnamento per la sinistra italiana? Con tutta onestà penso che guardare in questo modo all' America di Obama, cercare nella vittoria di Obama una guida per la sinistra italiana, sottolinea una debolezza che è ancora più macroscopica di quella che la sconfitta dell' aprile scorso ha registrato.
Fare domande giuste può aiutare a dare risposte adeguate. Obama non può essere un modello per nessun paese che non sia l' America. Mai come in questo caso l' America si è confermata un' eccezione. Quanto tempo un francese dovrà aspettare per vedere un africano varcare la soglia dell' Eliseo o un italiano quella di Palazzo Chigi? Dunque, l' America non può essere imitata. Né vale accalappiarne gli slogan. Lo slogan "I can" dimostra il coraggio (tutto americano) di chi lo ha forgiato e voluto perché solo chi ha la consapevolezza della propria forza sa essere ragionevolmente responsabile da rischiar. Proviamo a immaginare il senso del ridicolo che quello slogan poteva gettare su Obama se egli fosse stato sconfitto. La vittoria di Obama può essere di un qualche aiuto solo se ci consente di vedere meglio i nostri problemi (i problemi del Partito democratico e in senso generale dell' opposizione). Il problema italiano è la mancanza di leadership. Leadership é una parola complessa. È un nome singolare-collettivo che è fatto di tante componenti: dalla formazione scolastica, alla struttura dei partiti, al sistema di selezione a tutti i livelli della società, all' ordine istituzionale e -ultimo, ma primo-al sistema etico e di valori. Tutto questo insieme compone la leadership di un paese democratico. Come si può intuire si tratta di una forma di vita e di società, non semplicemente di una qualche riforma o di ingegneria elettorale o accomodamenti a puzzle.
Il tempo di formazione e consolidamento delle classi politiche (delle quali la leadership è parte) è un tempo lungo. Anche se con le elezioni si possono cambiare i rappresentanti in tempi relativamente brevi, il pool da dove i possibili candidati emergono o si formano non é azzerato ad ogni elezione. La società politica (partiti e movimenti hanno bisogno di stabilità e continuità nel tempo). Questo mette in evidenza la tensione interna alle democrazie elettorali: ricambio periodico e in tempi brevi come norma del ciclo elettorale, ma riconferma dell' eletto per più di un mandato come regola di prudenza, anche perché per far sì che un politico renda conto agli elettori è almeno necessario che si ricandidi. In sostanza, il paradosso è che se si vuole che l' elezione svolga la sua funzione di incentivo-deterrenza sull' eletto non ci deve essere un ricambio continuo, con i rischi evidenti di formazione oligarchica (è su questo aspetto che i critici della democrazia hanno insistito sistematicamente per gettare discredito su questo sistema politico). Comunque sia, la classe politica democratica è a un tempo stabile ed esposta al mutamento.
Tuttavia, mutamenti troppo repentini e radicali sono un problema e dovrebbero essere un' eccezione. Ad insegnarcelo é proprio il caso italiano, perché i problemi che oggi ci attanagliano hanno avuto origine quando la classe dirigente nazionale (i suoi partiti moderati, soprattutto) è stata liquidata con il codice penale nello spazio di una manciata di mesi. Da allora, siamo alla ricerca di una classe politica, se non eccelsa almeno di valore meno mediocre di quella che abbiamo, e soprattutto meno corrotta. Per anni si é pensato che l' ingegneria elettorale potesse risolvere il problema e si é imboccata la strada assurda di cambiare sistema elettorale praticamente ad ogni legislatura, e a seconda dell' interesse della maggioranza di turno. Una stabile regolarità nel ricambio della leadership politica richiederebbe sistemi elettorali stabili. La stessa logica ha precipitato l' erosione del partito della sinistra. Il paradosso italiano potrebbe essere così sintetizzato: tutto cambia e tutto peggiora perché nulla muta. E infatti, non c' è parola più abusata di "riforma". L' esempio del sistema scolastico è quanto di più sconfortante: in pochi anni lo abbiamo cambiato e ricambiato e cambiato ancora in ogni ordine e grado eppure pochissimo è cambiato nel sistema di reclutamento o di pulizia morale nei metodi di assegnazione degli incarichi. Il risultato non è una scuola migliore e piu aperta al merito ma una scuola peggiore più esposta ai rischi di classismo; e questo ovviamente non aiuta a formare o consolidare una classe dirigente, politica e sociale che sia. La continua rincorsa a riformare (ogni governo disfacendo quello fatto dal precedente - anche non aveva fatto cose pessime) ha contribuito a destabilizzare più che a consolidare un sistema efficiente e giusto di selezione. Riformare l' involucro senza cambiare l' atteggiamento mentale ed etico degli attori è tra le ragioni quella che più ha contribuito a generare le disfunzioni delle quali ci lamentiamo.
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