la Repubblica - Torino, venerdì 9 gennaio 2009
"Torino, città da sbloccare evitiamo lo spreco di talenti"
Come nel resto del Paese esiste un problema di ricambio della classe dirigente e pure qui la meritocrazia è un valore poco considerato
«L´idea è nata leggendo l´inchiesta su R2 di Repubblica sul Paese da sbloccare. Ricambio della classe politica e dei vertici aziendali, meritocrazia e maggiore interesse per la cosa pubblica, pari opportunità: in altre parole le proposte per rinnovare un Paese immobile. Cioè alcuni dei temi che hanno ispirato la nostra associazione. E allora ci siamo detti: perché non organizzare un dibattito che declini il tema chiave su Torino?». Luca Savarino, 40 anni, ricercatore in filosofia della politica all´università del Piemonte orientale, presidente di Newto, presenta così il dibattito che si terrà lunedì pomeriggio all´Auditorium della Fondazione Sandretto, in via Modane, intitolato «L´Italia da sbloccare. E Torino?» organizzato in collaborazione con Repubblica. Moderati da Ettore Livini - l´autore dell´inchiesta per Repubblica - ne discuteranno Luciano Gallino, Alberto Dal Poz ed Elisa Rosso.
Savarino, Torino è una città da sbloccare? «Torino non è migliore o peggiore di altre città. Anche qui esiste un problema di ricambio della classe dirigente, anche qui è avvertita la mancanza di meritocrazia. Eppure Torino, come l´Italia, ha trentenni di talento e capacità, interessati alla cosa pubblica. Insomma, una futura potenziale classe dirigente. Ma non viene sfruttata».
Il risultato qual è? «Lo spreco di talenti. Mancano reti, strumenti che valorizzino chi ha capacità. Un tempo c´erano i partiti che assolvevano a questo compito. Oggi non accade più. Perché la nostra generazione è composta di individui di valore che restano isolati, monadi di competenze e capacità investite nell´affermazione individuale, guardando con sfiducia alla politica, indipendentemente dalla connotazione partitica, e alla possibilità di cambiare il mondo con gli strumenti dell´azione collettiva. Il che equivale alla perdita di fiducia in un futuro migliore del presente».
NewTo cosa può fare? «Innanzitutto NewTo è un´associazione apartitica, fondata da sette amici che uniscono l´eccellenza professionale all´interesse per la polis, per la cosa pubblica. Newto si propone di essere una delle possibili risposte all´asfissia di un Paese da sbloccare».
In che modo? «Con un´iniziativa che parte dal basso, che non vuole essere una lobby generazionale, ma che allo stesso tempo è cosciente che nessuno lascia il potere senza «conflitto». Chiamparino ha certamente ragione quando dice che «Nuovo non è bello»: Noi dobbiamo essere pronti a rispondere alla pari che neanche «Vecchio è bello». Insomma non si tratta di guardare all´anagrafe, ma alle capacità, ai meriti di ciascuno».
Quali altre iniziative avete in cantiere? «Abbiamo diviso la nostra attività in due rami. Un ramo «pubblico», con dibattiti come quello di lunedì, a porte aperte per favorire il più possibile uno dei nostri obiettivi: avviare la contaminazione tra esperienze diverse. L´altro ramo, riservato a un numero ristretto di partecipanti, rigorosamente selezionato, punta a una serie di seminari in cui rendere possibile uno scambio di esperienze umane e professionali ad alto livello facendo a meno del tradizionale metodo accademico. E´ notizia di ieri, Yale punta a creare una neo classe di policy maker, attraverso una svolta nella creazione di spazi di discussione tra i potenziali leader di domani. Credo che l´individualismo cinico diffuso, lamentato da più parti, si combatta solo attraverso un senso di futuro condiviso».
(p. pl.)